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FORMAGGIO MARZOLINA - SCHEDA TECNICA - Presidio Slow Food

 

ORIGINI

La Marzolina, formaggio storicamente ottenuto dalla trasformazione di latte caprino, è prodotto nel basso Lazio da svariati secoli. Tisulta censito nell’Atlante dei Prodotti Tradizionali della regione Lazio e viene citato anche da Salvadori del Prato nel trattato di Tecnologia Casearia del 2001.

 

AREA DI PRODUZIONE

Tutto il basso Lazio. La marzolina non è soltanto un buon formaggio, ma è anche l’espressione di un territorio e di una cultura che hanno fatto della tradizione e della storia due elementi di successo; il latte di capra impiegato nelle produzioni più tipiche e riconducibile alla Capra grigia Ciociara e alla Capra Bianca dei Monti Ausoni ed Aurunci due specie autoctone, che pascolano i prati laziali e sono iscritte nel registro delle razze autoctone della regione Lazio.

 

PASCOLI

Il territorio di produzione è caratterizzato da un paesaggio armonioso in cui spiccano le formazioni montuoso-collinari in larga parte calcaree. Nei pratoni assolati crescono vaste estensioni di graminacee e tra le specie arboree si ritrovano Cerro, Carpino nero, Orniello, Carpino orientale, Leccio e foresta con Sughera.

 

TECNOLOGIA

La Marzolina è un formaggio prevalentemente di latte di capra, ma nell’areale di produzione se ne rinvengono anche versioni ottenute da latte ovino e bovino e addirittura versioni a latte misto. Pur essendo prodotto in molte zone del basso Lazio, e nei comuni a ridosso dei Monti Lepini, Ausoni, Aurunci e nella Valle di Comino che si rinvengono condizioni ideali per la fase di asciugatura di questo formaggio. Si presenta come un piccolo cilindro tendente al salato, sia nella versione fresca che stagionata, che spesso viene aromatizzato in bagno d’olio o conservato per 3-6 mesi prima di essere venduto. Il caglio è rigorosamente in pasta di agnello e la cagliata e sempre rotta con particolare attenzione, lentamente. Salato a secco a temperatura ambiente, stagiona per periodi piuttosto brevi. Di seguito si riporta il processo produttivo della marzolina trascritto nel tipico dialetto di Villa Santo Stefano (Fr) uno dei comuni dell’areale di produzione: "Si mette lu latte di capra a cagliare in un "cuòmmudu" di terracotta sufficiente per la bisogna, e quando il latte s’é sufficientemente rattenuto lo si versa nelle apposite "frascèlla" lasciandole scolare e prendere la classica forma delle "casòtte". A questo punto si possono mangiare come caciotte fresche, molto fini e saporite altrimenti le si continua a far sgocciolare e quando asciutte si mettono in un recipiente di coccio, di legno, vetro o smaltato lasciandovele finchè non cominciano a "fjuriscja" (ammuffire). Quando ben fiorite, si lavano bene per rimuovere la fioritura con acqua presa dalla cottura di maccheroni con l’aggiunta di aceto, oppure con ‘olio e aceto rimasto dal condimento delle insalate e si mettono ad "assucà", (seccare all’aria) e quando sono ben "assutte" si reposano nel recipiente di prima e se lassano ancora a piglià la muffa. Questi maneggiamenti si ripetono varie volte, e quando le marzoline so "arrivate" cioè giustamente stagionate nel sapore e nell’aroma e ben secche, si reposano in recipiente di coccio tenuto chiuso".

 

GASTRONOMIA

La Marzolina trova la sua migliore espressione quando servita accompagnata dalle olive di Gaeta e dal sedano bianco di Sperlonga, condita con olio extra vergine mono-varietale di itrana. Può essere però anche gustata assoluta, tagliata nell’insalata di pomodoro o sulla bruschetta con aglio. Un’antica ricetta la vuole condita con peperoncino; se molto stagionata, va bene grattugiata sui primi piatti, ai quali conferisce un sapore prelibato con gusto forte e genuino.